martedì 19 marzo 2013

Frittelle di riso di San Giuseppe

INGREDIENTI: per 6 persone
1.Riso500 g
2.Latte1/4 l
3.Acquaq.b.
4.Uova3
5.Rum1 bicchierino
6.Uvetta sultaninaq.b.
7.Zucchero110 g
8.Lievito per i dolci1 bustina
9.Scorza di limone e arancia grattugiateq.b.
10.Sale1pizzico
11.Farina2 cucchiai
12.Vaniglia1 stecca
13.Zucchero a veloq.b.
14. olio da friggere

PREPARAZIONE:
1

Lessate il riso nel latte e nell'acqua, regolando la quantità di quest'ultima e aggiungendone man mano che il riso l'assorbe in maniera che non risulti troppo brodoso, unendo anche la stecca di vaniglia che avrete inciso per liberare i semi, proseguendo la cottura per una ventina di minuti: il riso dovrà al termine rimanere morbido. Eliminate la stecca e lasciatelo raffreddare.
2

Trasferitelo in una ciotola ed incorporate gli altri ingredienti, escluso lo zucchero a velo.
3

Fatelo riposare per circa un'ora, dopodiché friggete il composto a cucchiaiate nell'olio bollente. Si otterranno delle crocchette sferiche, che saranno cotte quando presenteranno un bel colore marrone.
4

Scolatele su carta assorbente, lasciatele intiepidire, quindi spolveratele con lo zucchero a velo e servite.

CONSIGLI:

il detto S. Giuseppe non si fa senza frittelle, nel senso che la tradizione è talmente radicata da diventare un modo di dire, un proverbio che equivale a quello che parla di spine e di rose. Tradizione molto antica, quella delle frittelle di riso in Toscana, tant’è vero che ce le tramanda già il “Libro de arte coquinaria” di Maestro Martino de’ Rossi nel Cap. V (“Per far ogni frictella”): “Fa’ cocere il riso molto bene ne lo lacte, et cavandolo fora per farne frittelle observerai l’ordine et modo scripto di sopra (allude alle ricette precedenti in cui si parla di “fare le frittelle tonde con mano overo in quale altra forma ti piace, mettendole a frigere in bono strutto o botiro, overo in bono olio”) , excepto che non gli hai a mettere né caso (formaggio) né altro lacte”. Martino, ticinese di nascita, fu attivo a Milano come cuoco degli Sforza e nella Roma papale di Martino V nella seconda metà del XV secolo, dove ebbe frequentazioni assidue con gli umanisti ed in particolare con il Plàtina, fiorentino di nascita. Il riso a quel tempo era misconosciuto: nella cucina medievale era usato in polvere allo stesso livello di una spezia o per addensare minestre e salse, mentre furono proprio gli Sforza ad inaugurarne le coltivazioni nella Pianura Padana. Così, pur timidamente, ci azzardiamo a ipotizzare un’origine illustre per quello che è uno dei dolci più popolari e allo stesso tempo delicati di Toscana. Per quanto riguarda il riso da utilizzare, si consiglia l’Originario, dai chicchi piccoli e molto amidacei, adatto alle preparazioni di dolci. Per la frittura consigliamo il delicatissimo e fruttato olio toscano






Nessun commento:

Posta un commento